lunedì 31 ottobre 2011

Il film e lo spot di 1984

Un suggestivo film è stato dedicato al capolavoro di George Orwell, il cui vero nome era Eric Arthur Blair (1903 - 1950). "1984" infatti è anche il titolo di un film del 1984 di Michael Radford, con John Hurt e Suzanna Hamilton.
Suggerisco di vederlo, ma solo dopo aver letto il libro.
Quanto la lettura può essere scorrevole e intensa, altrettanto il film potrebbe sembrare noioso, retrò e castigato. Questi aspetti rischiano di essere fraintesi senza una lettura preliminare, poiché valorizzano il grigiore e l'austerità del contesto del racconto.


Quindi, se volete vedere il film, vi consiglio questo link:




In aggiunta, una chicca che vale la pena ricordare. Uno spot della Apple ispirato al romanzo e mandato in onda proprio nel 1984, agli albori dell'epoca dei personal computer, per pubblicizzare il MacIntosh. La clip vinse diversi premi e viene ancora oggi ricordata come una delle migliori reclame mai realizzata in televisione:




Queste immagini sono state ideate e girate da niente popodimeno che Ridley Scott e insieme a quelle di Radford (autore nel 1994 de "Il postino"), traducono in immagini il senso di oppressione dominio e annullamento, sublimato in una frase pronunciata da O'Brien a Winston Smith:


Se vuoi un'immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti un volto umano in eterno.

mercoledì 26 ottobre 2011

1984 - di George Orwell



Se esistono libri profetici, il capolavoro di Orwell è uno di questi. 1984 è un paradigma visionario della società moderna e, nell'Era della comunicazione in cui tutto è diventato “social”, è un degno classico della letteratura mondiale.



Il “social” di Orwell è l'ideologia del Soc.Ing., il Socialismo Inglese dotato di forme di oppressione e controllo simili a una Stasi o a un Kgb, con la differenza che il Grande Fratello possiede anche i pensieri dei suoi cittadini.

Il protagonista Winston Smith viene scoperto come "psico-criminale", proprio perché pensa con la propria testa, estrema forma di libertà che gli è rimasta.



Riuscirà il Grande Fratello, amato da tutti i sudditi, a con-vincere l’irriducibile logos individuale, il cogito "dell'ultimo uomo rimasto in Europa" che si ostina a dubitare del pensiero formulato dal partito-massa per la nazione?


Lesito del romanzo dimostra che la paura è l'unica arma che qualunque oppressore, dal più brutale al più raffinato, può agitare con il volto del benevolo protettore per soggiogare i “fratelli più piccoli”, arrivando persino a farsi amare da coloro che in realtà annichilisce anima e corpo.


Che nella finzione del libro i nemici della libertà di pensiero siano lo Stato, il terrore e l'ideologia e nella realtà di oggi siano le subdole forme di controllo del marketing, la coazione a consumare, la cultura dominante dello show-business, l'erodersi progressivo nonché volontario di qualsiasi sfera di privacy e lo strapotere dellinterconnessione che trasforma le persone in account e la loro vita non più nemmeno in uno spettacolo da reality ma semplicemente in un file digitale accessibile con un clic, poco cambia.

Sulla scorta di questa idea hanno già proseguito altri artisti, come i fratelli Wachowski in Matrix o Peter Weir in The Truman Show.
Quello che resta in mezzo, alla fine, in un caso come nell'altro, è sempre un uomo-massa agito inesorabilmente da istanze altre e superiori.


Edizione scelta: Classici moderni, Oscar Mondadori, 6,90 €.
Lettura adatta a tutti.

venerdì 21 ottobre 2011

La vendetta del Conte di Montecristo

Il Conte di Montecristo esprime il tema della vendetta.
La giustizia degli ultimi al mondo e dei diseredati era il tema più ricorrente nei feuilleton, i romanzi didascalico-moralistici e di facile lettura preferiti fra i ceti popolari.
Ecco cosa dice Montecristo quando incontra l'ultimo e il peggiore dei suoi nemici, il corrotto banchiere Danglars, secondo me una delle frasi più belle perché racchiude in sé tutto il romanzo:
Sono quello che avete venduto, denunciato, disonorato; sono quello di cui avete prostituito la fidanzata; sono quello che avete calpestato per formare la vostra fortuna; sono quello al quale avete fatto morire il padre di fame... Avevo condannato a morire di fame anche voi, ma ora vi perdono perché io pure ho bisogno di perdono... Sono Edmond Dantès! 

giovedì 20 ottobre 2011

Il Conte di Montecristo - di Alexandre Dumàs

"Il Conte di Montecristo" è una bellissima storia d’Ottocento, 893 pagine di feuilleton allo stato puro.
Intrighi, suspance, agnizioni e climax.
Incantevoli dichiarazioni d’amore, terribili pronunce di morte; frivoli dialoghi e raffinate descrizioni.
Un ritmo prima incalzante, poi lento e denso come olio che cola da una giara.
Pagine che volano con uno sguardo e altre da assaporare e rileggere con piacere.
Un veliero entra nel porto di Marsiglia per aprire il racconto, uno yacht lo chiude portando via lontano da noi il protagonista: il mitico, fantasmagorico e soprannaturale Edmond Dantés.

Questo e molto altro ancora è il capolavoro di Alexandre Dumàs.
Compòsito all’inizio, come un intricato e approfondito esercizio per lettori allenati, questo grande racconto ricompensa a pieno la pazienza di chi lo affronta solo negli ultimi capitoli, quando vengono al pettine tutti i nodi dell’intreccio tessuto nella parte centrale.
I dolci frutti della fatica di Dumàs e della vendetta di Dantés si assaporano dalla metà in poi. La narrazione accelera, tutto si tiene, nessun dettaglio va perduto.
Un capolavoro di quel genere che non se ne vedono in giro da secoli e che testimonia la chiarezza dell’ampia mente che l’ha prodotto.


La narrazione per noi lettori moderni è indigesta a tratti. Un colpo di scena ogni dieci pagine è troppo, quasi pacchiano. E' il problema di adattare una modalità di lettura tipica di un romanzo a puntate con quella di un volume unico.
Il patto di narrazione concede volentieri a Montecristo, alias "mano della Provvidenza", stramberie e meraviglie ottocentesche dal germe superomistico.

Esistono varie edizioni del Conte di Montecristo. I diritti d’autore sono scaduti e un po’ tutti lo pubblicano.
Esiste anche in duplice volume, ma io ho scelto quello edito nella nuova collana “Elefanti” di Newton e Compton.
Bella la copertina rigida imbottita, simpatica la caricatura di Dumàs su sfondo blu e soprattutto, caratteri abbastanza grandi da non affaticarsi nella lunga lettura.
Prezzo ragionevole: 14,90 €.
Per gente paziente.