Nel vedere esibite conoscenze letterarie si avverte sempre un
pizzico di vanità: “Esistono due motivi per leggere un libro: uno, perché vi
piace e l’altro, che potrete vantarvi di averlo letto”, diceva Bertrand Russell.
E' lo stesso parlando di dischi musicali, film, viaggi.
Delle serie tv, dei ristoranti, dell’abbigliamento.
Il fenomeno è nella
cultura che, come tutte le astrazioni dell’uomo quando è libero dal bisogno, possiede nella sua essenza qualcosa di vano che nell’arte raggiunge la sua forma più pura.
La cultura è “un gioco”. Ma le sue regole sono uno strumento
di dominazione.
In ogni campo.
Con i nostri consumi culturali ci agitiamo nell’arena sociale
e più o meno inconsapevolmente non facciamo altro che affermare il nostro modo di essere distinguendoci e distinguendo gli altri in un continuo riflesso di
specchi.
Cosa c’è di più personale sui libri di un blog sui libri?
Niente, a parte forse quei pochi libri sfogliati nella mia libreria, per cui ce
ne sono almeno altri cento che avrei voluto leggere.
È proprio il piacere ludico della letteratura che spinge le
persone a parlarne e a diffonderne la conoscenza. È proprio il piacere per
l’arte, la forma letteraria, il piacere onirico che a volte ci regalano i libri, da
amare anche come oggetto. La copertina, i caratteri, la carta.
È attraverso il passaparola, quello più disinteressato,
quello più sincero e appassionato, che spesso mi sono ritrovato a dire: chi
l’avrebbe mai letto?
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