venerdì 18 novembre 2011

Meloni, Telese e i giovani medici


Giorgia Meloni e Luca Telese affrontano la questione giovanile in due libri editi da Sperling & Kupfer. L’ex ministro della Gioventù lo fa con “Noi crediamo”, il giornalista di La7 con “Gioventù, amore e rabbia”.

Rassicurante Meloni, che racconta i tanti esempi di “ragazzi e ragazze che hanno sfidato se stessi, la terra d’origine, il mondo e le idee preconcette, gli ostacoli. E hanno vinto”. L’ex ministro della Gioventù scopre in giro per l’Italia “una “foresta di talenti, idee e sacrifici, che cresce all’ombra di una nazione” colpevole perché “non vede non sa, non vuole capire”.

Provocatorio Telese, che  parla di “conflitto occulto in Italia, dove la generazione degli ex baby boomers ha schiavizzato quella dei figli, l’ha divorata, colonizzata, gli ha prospettato un futuro di precarietà, barattandolo con la sinecura della paghetta a vita”. Insomma, il giornalista vede “un Paese che se ne frega dei più giovani”.

In libreria da mercoledì 16, questi due libri impongono alcune domande: quanto dipende la crisi dei giovani dai giovani stessi? È giusto addossare tutta la colpa alla generazione precedente? È vero che i giovani possono fare tutto solo con le proprie forze? Dovrebbero accettare qualunque lavoro?

Chissà cosa direbbe quel medico trentenne che pochi giorni fa mi ha raccontato di tanti giovani medici laureati, neo specializzati, pagati cinque euro a visita o sette euro all’ora. Professionisti, con la responsabilità della nostra salute. “Meno della mia donna delle pulizie, con tutto il rispetto per le domestiche”, ha pensato ad alta voce un suo autorevole collega anziano, mortificato. 

sabato 12 novembre 2011

Il potere dell'amicizia

Cosa c’è di più convincente del passaparola per iniziare a leggere un libro? Niente, a parte forse qualche recensione non troppo lunga e comprensibile con una lettura disimpegnata.
Nel vedere esibite conoscenze letterarie si avverte sempre un pizzico di vanità: “Esistono due motivi per leggere un libro: uno, perché vi piace e l’altro, che potrete vantarvi di averlo letto”, diceva Bertrand Russell.
E' lo stesso parlando di dischi musicali, film, viaggi. Delle serie tv, dei ristoranti, dell’abbigliamento.

Il fenomeno è nella cultura che, come tutte le astrazioni dell’uomo quando è libero dal bisogno, possiede nella sua essenza qualcosa di vano che nell’arte raggiunge la sua forma più pura.
La cultura è “un gioco”. Ma le sue regole sono uno strumento di dominazione.
In ogni campo.

Con i nostri consumi culturali ci agitiamo nell’arena sociale e più o meno inconsapevolmente non facciamo altro che affermare il nostro modo di essere distinguendoci e distinguendo gli altri in un continuo riflesso di specchi.

Cosa c’è di più personale sui libri di un blog sui libri? Niente, a parte forse quei pochi libri sfogliati nella mia libreria, per cui ce ne sono almeno altri cento che avrei voluto leggere.
È proprio il piacere ludico della letteratura che spinge le persone a parlarne e a diffonderne la conoscenza. È proprio il piacere per l’arte, la forma letteraria, il piacere onirico che a volte ci regalano i libri, da amare anche come oggetto. La copertina, i caratteri, la carta.

È attraverso il passaparola, quello più disinteressato, quello più sincero e appassionato, che spesso mi sono ritrovato a dire: chi l’avrebbe mai letto?

martedì 1 novembre 2011

I tormenti di Winston - 1984


Sei anni dopo averlo letto, ho trovato una pagina capace di rendere l'idea e il senso di "1984". Non si tratta di una scena drammatica, né degli slogan come “La libertà è schiavitù “, “La guerra è pace” e “L’ignoranza è forza”, coniati in neolingua dal ministero della Verità per capovolgere la realtà.
Nel passo che ho scelto il narratore si fa partecipe dei dubbi di Winston Smith. Insieme al narratore anche noi, come il Grande Fratello, entriamo nei pensieri del protagonista che sta scrivendo il suo diario, commettendo per questo uno psico-reato:
Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l'evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi.
Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile, era nelle logiche del Partito. La visione del mondo che lo informava negava, tacitamente, non solo la validità dell'esperienza, ma l'esistenza stessa della realtà esterna. Il senso comune costituiva l'eresia delle eresie.
Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l'aveste pensata diversamente, ma che potevano aver ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile?
Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?
[...] Il Partito vi diceva che non dovevate credere né ai vostri occhi né alle vostre orecchie. Era questa, l'ingiunzione essenziale e definitiva. Winston si sentì assalire dallo sconforto al pensiero dell'enorme potere dispiegato contro lui...
[...] Eppure era lui a essere nel giusto! Lui aveva ragione e loro avevano torto. Bisognava difendere tutto ciò che era ovvio, sciocco e vero. I truismi sono veri, era una cosa da tenere per fermo! Il mondo reale esiste e le sue leggi sono immutabili.
Le pietre sono dure,l'acqua è bagnata e gli oggetti lasciati senza sostegno cadono verso il centro della Terra. Con l'impressione di rivolgersi a O'Brien e con la convinzione di formulare un importante assioma, scrisse:
"Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente".